VANITY FIRE
L’epoca della contraffazione digitale che permette a tutti noi di rendere a colpi di click perfetto l’imperfetto, è anche, per reazione, l’epoca dell’artificio svelato, della ricerca della grezza autenticità e dell’attrazione per ciò che è fuori standard. In questo contesto, a quali esigenze rispondono quelle narrazioni che, soprattutto, nel mondo della comunicazione pubblicitaria e di moda, si basano sulla riproposizione di modelli aspirazionali e per lo più, irreali? Possono ancora fornire una risposta alla nostra ricerca di identità unita all’esigenza sempre più diffusa di rispecchiarci in ciò che ci viene proposto? Possono dunque raggiungere lo scopo per cui vengono costruite? Questa sono le domande da cui muove questo progetto provocatoriamente incentrato sull’idea di incenerire la rappresentazione classica del “bello” come elemento fondamentale di un certo tipo di comunicazione.
La serie è composta da dettagli fotografici di pagine di riviste in cui volti e immagini stereotipate di bellezza, che da sempre rappresentano simbolicamente la nostra aspirazione all’armonia e al desiderio di fascino e seduzione, si trasformano in volti infuocati o cinerei.
Fotografie di fotografie in cui la bellezza eternizzata nella rappresentazione pubblicitaria prende la forma di una contingenza terrena e, in questo senso, forse più reale.
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The era of digital counterfeiting, which allows us to perfect the imperfect with just a click, is also, in reaction, the age of revealed artifice, the quest for raw authenticity, and the attraction to what is non-standard. In this context, what needs do those narratives respond to that, especially in the world of advertising and fashion communication, are based on the re-presentation of aspirational and mostly unreal models? Can they still provide an answer to our search for identity combined with the increasingly widespread need to see ourselves reflected in what is proposed to us? Can they thus achieve the purpose for which they are constructed? These are the questions that provocatively drive this project focused on the idea of incinerating the classical representation of “beauty” as a fundamental element of a certain type of communication.The series consists of photographic details of magazine pages where stereotypical faces and images of beauty, which have always symbolically represented our aspiration for harmony and desire for charm and seduction, transform into fiery or ashen faces.Photographs of photographs where beauty eternalized in advertising representation takes on the form of earthly contingency and, in this sense, perhaps more real.